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Mia mamma è stata pagata per avermi

… ovvero l’ultima iniziativa dell’Assessorato regionale alle politiche sociali

di L.

Vita nascente è l’iniziativa con cui l’Assessore alle politiche sociali della Regione Piemonte, Maurizio Marrone (FdI), ha destinato 400.000 Euro a quella che è stata indicata come la «realizzazione di progetti di tutela materno infantile»: ossia, di fatto, una politica di contrasto all’interruzione della gravidanza. Per spiegarla con le parole dei suoi promotori, Vita nascente vorrebbe garantire «il vero diritto di scelta della donna, che può anche essere la scelta di vita, intervenendo a sostegno delle donne in situazioni di fragilità sociale». Nello specifico, si tratta di offrire ad alcune donne in gravidanza un sostegno economico di 4.000 Euro, perché “liberamente” decidano di non abortire. 
Molte formazioni sociali, partitiche e non, hanno già espresso a gran voce il proprio dissenso a quest’iniziativa a dir poco grottesca, con contestazioni – che chi scrive condivide appieno – per lo più riguardanti, in estrema sintesi, lo svilimento del diritto della donna di decidere del proprio corpo. È per questo motivo che scegliamo di osservare un profilo diverso della vicenda, quello del bene che è posto (apparentemente) al centro di una così bislacca velleità di tutela: la vita del neonato. 

Infatti, prevedere che le singole gestanti (ben 100 in tutta la Regione, sic!) possano accedere ad una cifra che, per lo standard di vita regionale, si stima essere sufficiente appena per i primi 6-12 mesi di vita del bambino, anziché destinare la somma complessivamente stanziata nel fondo a concrete politiche di welfare locale, significa, a ben vedere, disinteressarsi totalmente non soltanto dei diritti della madre e/o della famiglia, ma della stessa vita del nascituro che si afferma di voler proteggere, riducendola ad una forma di esistenza purchessia. 
Cosa succederà dopo i primi 6-12 mesi? Cosa farà la Regione? Come potranno famiglie o madri single, evidentemente in condizioni di disagio economico, crescere e mantenere questi figli “incentivati”? Davvero l’Assessore Marrone pensa che qualche migliaio di euro sia anche solo lontanamente utile a sostenere la natalità nei contesti di povertà, quando afferma che «in Piemonte potranno nascere 100 bambini in più, che altrimenti non sarebbero venuti al mondo a causa dei problemi economici delle loro madri»?
In realtà, pare che per l’Assessore, per una certa narrazione propagandistica e per le associazioni pro-vita sostenitrici del progetto poco importi come la bambina o il bambino vivranno, purché nascano. Poco importa se i genitori, o la madre single, non riusciranno a mantenerli; poco importa se, prima o poi, verranno affidati ad altre famiglie; poco importa che, nelle situazioni di povertà più cruda, la loro nascita rischi di diventare non il fine del contributo economico, ma il mezzo con cui ottenerlo, per poi demandare la cura di questa nuova e prezzolata esistenza ai Servizi Sociali; poco importano l’infanzia, l’adolescenza, la maturità, le ridotte possibilità di istruirsi, di trovare un lavoro, come uno stigma impresso sul feto per mano delle cd. «politiche sociali di sostegno alla natalità». Poco importa la loro vita, purché esistano.   
Del resto, non è certo una novità che la dignità delle persone abbia smesso di interessare gli amministratori della cosa pubblica (non solo di destra). Ma renderla addirittura l’oggetto di una prestazione economica, di uno scambio tra la sua rinuncia e pochi spiccioli, è l’espressione della più becera concezione dell’essere umano, che sin da prima della nascita è inteso come niente più che un “bene fungibile”, il cui “prezzo di produzione” vince il “rischio di obsolescenza”. 

In Piemonte potranno nascere 100 bambini in più, che verranno al mercato, non per scelta e per amore, ma per denaro. E quando esisteranno, Dio – quello stesso Dio a cui si appella il movimento pro-vita – non voglia che scoprano che le loro madri sono state pagate per partorirli.

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